Benvenuti ai genitori...e ai bambini!

Questo blog nasce dal desiderio di condividere "lievemente" le gioie, le speranze, le sorprese, le favole e i dubbi che...
rallegrano e stimolano le scelte quotidiane dei genitori.

martedì 26 aprile 2011

Mi piace...


A Pasqua tutti i grandi
sono più lenti.

Meno male!

Credi anche tu che dopo
saranno ancora di fretta?

Aurora
6 anni










pubblicato da Annamaria
illustrazione di Quino





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domenica 24 aprile 2011

Vivere la Pasqua con i bambini


Le solite uova di cioccolata
di Maria e Raimondo Scotto
Fonte: Città Nuova

«Non vorremmo che la Pasqua imminente si riducesse al solito uovo di cioccolata che inevitabilmente regaleremo ai bambini».
Giorgio ed Elena, Terni


Uova decorate di Pasqua
















Il simbolico uovo pasquale dovrebbe avere la funzione di rinnovare in noi la capacità di stupirci di fronte alla “sorpresa”, al sorprendente evento della Resurrezione. È urgente riappropriarci insieme, piccoli e grandi, del significato della Pasqua, svincolandola dalle sollecitazioni consumistiche. Senza accorgercene, diventiamo progressivamente ciechi e sordi alle necessità di coloro che ci vivono accanto, al grido dei nostri fratelli che sbarcano sulle nostre coste o che muoiono per l’incuria dei potenti, alla povertà di quanti percepiscono uno stipendio, molto al di sotto delle nostre spese superflue.
Certamente i problemi dell’umanità sono schiaccianti, ma è tanto importante fare sempre e bene la propria piccola parte, cominciando dalla nostra famiglia ed insegnando anche ai nostri figli a non sciupare il tempo e ad essere instancabili nella promozione di una vita dignitosa per tutti. Ciò richiede un impegno notevole su tanti fronti, ma il segreto sta nel trasformare anche le azioni più banali (come cucinare, giocare con i bambini, lavare l’auto, ecc.) in occasioni di dono radicale. È molto importante che nessuno ci passi accanto senza sentirsi capito, accolto; guardare con stupore alla continua novità dell’altro, senza pensare che ormai lo conosciamo; lasciarci sorprendere da lui, come un bambino di fronte alla sorpresa che viene fuori dall’uovo pasquale.

giovedì 21 aprile 2011

Aspettando Giovanni Paolo II con i bambini: una storia vera

La bambina e il papa
di Annamaria Gatti
Illustr. di Eleonora Moretti
Fonte: Città Nuova












Hai mai sentito parlare di Cuba? È un'isola del continente americano, piena di suoni e di colori, che papa Giovanni Paolo II ha voluto visitare in uno dei suoi viaggi. In una delle tante casette vive Zaire, una bambina di dieci anni. Zaire, oggi ti porto dal papa... dice la mamma, intenta a dei febbrili preparativi. Vedrai, sarai contenta. La figlia la guarda e i suoi grandi occhi nocciola seguono i suoi frenetici movimenti. Non può parlarle, perché da quando ha ingerito accidentalmente un acido, le è impedito di comunicare con la voce e di nutrirsi. Tutto questo è per lei una indicibile sofferenza e la mamma ora si è decisa: chiederà al papa appena arrivato nell'isola, di aiutare la sua bambina.. Forse non sarà possibile chiedergli aiuto... Con tutte le cose importanti che avrà da ascoltare e da fare il papa...! sussurra la mamma. Con lo sguardo Zaire la incoraggia e pensa: Povera mamma, ormai le hai tentate tutte per trovare un modo per farmi guarire. Vedrai che il papa ti ascolterà. Lui è amico dei bambini. La mamma sospira:Penseranno che sono pazza. Ma che cosa non farebbe una mamma per la sua bambina? aggiunge, mentre scrive poche parole su un foglio da lettera indirizzato a papa Karol Wojtyla. È un grande avvenimento per i cubani ospitare un papa, in particolare questo pontefice, che parla loro di amore e di giustizia nella grande piazza. Ci sono tanti bambini curiosi; la gente canta e il vento fa svolazzare la mantella di papa Wojtyla. La folla si accalca attorno alla sua figura fragile e possente insieme. Lui è un grande vecchio e dice che, per fortuna, per guidare la chiesa non servono tanto due buone gambe, ma una mente pronta e un cuore aperto... Mentre il papa le passa vicino, la mamma di Zaire pensa: Ecco...ora!. E stringendogli la mano gli fa scivolare, con le lacrime agli occhi, il foglietto fra le dita: Santità, salvi la mia bambina. Il papa vola verso Roma e in tasca ha quella richiesta d'aiuto. Provvedere, provvedere subito... ripete al suo segretario, arrotolando la letterina su un dito. E il suo cuore va a quella piazza e a quel viso di cui non ricorda i lineamenti. A Cuba gli occhi color nocciola sorridono. Pensa, gliel'ho data! Non mi pare vero! È stato tutto così facile, non so neppure come mi sono trovata lì. Se Dio vuole... Ho pregato tanto! racconta la mamma. Hai visto, mamma, siamo state fortunate! - pensa Zaire -. Oggi mi sembra di stare addirittura meglio!. Dopo qualche tempo arriva la notizia: il papa vuole che Zaire e la sua mamma arrivino in fretta a Roma, per l'intervento che salverà la bambina. La novità fa il giro dei parenti e degli amici. Ancora incredule e commosse, madre e figlia partono per il viaggio della speranza. Forse sono anche un po' impaurite. Ciao a tutte - vorrebbe dire Zaire, mentre saluta le amiche -: speriamo non mi facciano troppe iniezioni, lo sapete che non le sopporto! Però vi prometto che sarò coraggiosa!. Poi l'ospedale, la generosità di tanti. Ma... Santità, non è ancora sufficiente l'operazione a cui è stata sottoposta la bambina. Oh, lei è stata brava, ma ha necessità di un intervento ancora più specifico.... Cercate, cercate subito dove e chi può operare, è urgente. Zaire deve tornare a sorridere. Sarà un intervento difficile, santo Padre.... Gesù è con noi. Di cosa abbiamo paura? sussurra il papa, pensando a tutte le mamme e a tutti i bambini che in quello stesso momento soffrono pene incredibili, anche a causa della cattiveria degli uomini... E aggiunge deciso: Però occorre darsi da fare!. È novembre e all'aeroporto la mamma ripete: Zaire, stiamo partendo per Padova. Lì ti opererà un dottore indiano. È molto bravo. Sarai ancora forte?. Rispondono di sì i grandi occhi nocciola, abbracciando la mamma. Roma è bella - pensa Zaire -: sarà bella anche quest'altra città. Poi forse potrò parlare, forse cantare ancora.... Il reparto dell'ospedale di Padova si mobilita e Zaire viene sottoposta a quattro interventi nei mesi successivi. Le hanno rifatto la faringe e le corde vocali. Mamma ripete Zaire con la voce ritrovata. Ha gli occhi stanchi, ma scintillanti. Chissà cosa avrà detto Zaire al suo grande dottore indiano... Chissà cosa dirà al suo grande Amico vestito di bianco che ogni domenica vede in televisione, mentre parla al mondo di pace. Ormai Zaire sarà tornata sorridendo nella sua bella isola colorata. Quante cose nuove e straordinarie potrà raccontare ai suoi amici. Ha pensato anche di scrivere al papa: Querido amigo Giovanni Paolo II, grazie al tuo aiuto e a tante persone buone che ho incontrato, ora posso anche cantare per te. Aspettami, perché voglio tornare a Roma per trovarti.... Nel frattempo però l'amigo Giovanni Paolo II è volato in cielo. Allora, Zaire lo sa, non servono più carta e penna. Potrà parlargli direttamente e lui sentirà tutto ciò che vorrà dirgli.

lunedì 18 aprile 2011

Non togliete loro la saggezza infantile...

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E' una luminosa domenica mattina .
PIPPO piange e mamma gli suggerisce di lasciare il suo lettino, di raggiungerla e risolvere così la ragione del pianto.
Ma nonostante tutto PIPPO non si muove e continua a piangere.
Un pianto sommesso e misurato, nonostante i suoi tre anni da compiere.

Poi papà lo va a prendere:
"Perchè non sei venuto tu, che piangevi?" chiede mamma.
"Insomma, mamma, lo sai che tutti i bambini devono piangere un po' qualche volta...!?!"
............................................................................!!!
pubblicato da Annamaria
illustrazione di
Charles M. Schulz

sabato 16 aprile 2011

Il suo comportamento mi insospettisce


Ciao Annamaria,
mi è piaciuto quello che ho letto sulla figura dei padri e sono andato a leggermi i tuoi post sulla "Professione Papà"
Sono un papà e mi chiedo cosa puoi consigliarmi per queste cose che osservo nel mio bambino di 8 anni.
In questo periodo è sempre molto insicuro e capriccioso, quasi che non gli vada più bene nulla. Anche a scuola i maestri e le maestre mi dicono che il rendimento è calato.
Non vi sono particolari problemi in famiglia.
Ma questo suo comportamento mi insospettisce.
Grazie, il tuo blog mi piace.
papà Fabio


Caro Fabio,
fai bene a metterti in osservazione e cercare con la sua mamma le risposte giuste al suo disagio. Vista l'età del tuo bambino, evidentemente sta attraversando un momento importante del suo sviluppo affettivo, sta dandovi dei segnali di attenzione che fate bene a raccogliere senza ansia, con competenza e con spirito di ricerca.
Direi che siete in cammino con lui e in questo viaggio l'ascolto, la condivisione dei suoi interessi, delle esperienze, degli amici, la compagnia e i valori che saprete comunicargli e sperimentare insieme, saranno il biglietto d'andata.
E' un momento particolarmente felice per coltivare la complicità paterna, che si traduce anche in stategie per saper leggere e definire i propri sentimenti, la realtà sociale, le regole del vivere con gli altri. Così si sentirà più forte.
E' il momento della comunicazione e dell'ascolto attivo, che permette di aprire il cuore e la mente. La disponibilità a "perdere" del tempo per fare insieme, sarà tempo prezioso, di quelli che compattano gli animi e si ricordano per tutta la vita.
Buon cammino!
Annamaria

pubblicato da Annamaria
foto abc

sabato 9 aprile 2011

Una sofferenza da bimbi e non solo...


Fonte: Città Nuova editrice

... Ogni processo di crescita può essere paragonato a quello di un bruco che vuol diventare farfalla. Ma quanta fatica costa e quant'è importante garantire sicurezze ai più piccoli?



Mi aiuti a crescere?








I modi in cui i bambini esprimono la loro sofferenza e chiedono aiuto ai più grandi varia a seconda che si trovino dentro o fuori dalle mura domestiche. Il libro-novità di Città nuova dal titolo emblematico Mi aiuti a crescere. La fatica di diventare grandi, ripercorre le tappe necessarie perché ogni bambino acquisisca le proprie capacità e conquisti le nuove libertà. Partendo dai racconti e dal punto di vista dei piccoli sugli adulti, che più o meno consapevolmente possono diventare causa di sofferenza nel prendersi cura dei più piccoli, affrontiamo il tema della mancanza di sicurezza attraverso il racconto di Carlo, un bimbo di quattro anni.
«Sarà anche un posto carino e la maestra non sembrava male, ma io non ci volevo restare. E così ho cominciato a piangere come un disperato e sono riuscito a farmi riportare a casa… Non mi fido di stare lì. E se poi combino qualche guaio e la maestra lo dice a mamma? Quando la faccio grossa lei mi dice che mi porterà in collegio o che chiamerà i Carabinieri per farmi portare in carcere. Fino ad ora non lo ha fatto mai. Non ho nemmeno visto quell’uomo nero che lei dice che abita nel solaio… Ma se fosse vero?» (Carlo, 4 anni).
Il senso di sicurezza è un presupposto indispensabile per un bambino. Comincia ad “essere garantito” dai genitori, fin dai primi giorni di vita, proprio a livello corporeo: braccia stabili e forti che contengono il neonato lo fanno già sentire al sicuro. La certezza che se si piange, per fame o per sonno, qualcuno arriverà a “risolvere il problema” è un altro fattore, e così via…
A seconda della fase di crescita che si sta attraversando, il bambino ha diverse necessità. A circa otto mesi ha bisogno di essere rassicurato sulla presenza costante dei genitori, quando comincia a camminare ha bisogno di sentire la fiducia di potersi staccare dalle mani di chi lo sorregge, quando è più autonomo deve sentire che, se va da solo nell’altra stanza della casa, non gli succederà niente, quando andrà alla scuola dell’infanzia dovrà essere convinto che papà e mamma non lo lasceranno lì, ma lo andranno certamente a riprendere. Nell’affrontare il “mondo esterno” il bambino, in generale, avrà bisogno di sentire che a casa c’è una “base sicura” che lo accoglie e che infonde sicurezza in se stesso.
Noi genitori non siamo perfetti, abbiamo anche noi le nostre insicurezze, le nostre paure. È normale che esse esistano. Quando però avvertiamo paure eccessive o proviamo emozioni ambivalenti, il senso di sicurezza dei bambini viene minacciato. E così la pipì a letto o il balbettare, manifestazioni tipiche dei bambini di una certa età, non costituiscono più un momento di passaggio, una fase transitoria, ma diventano un “sintomo”.
È chiaro che c’è un livello fisiologico di ansia che circola in famiglia: è quello che fa stare papà e mamma all’erta sui probabili pericoli che un bambino incontra, e che permette al bambino di capire fin dove può spingersi e quando deve fermarsi. Ma se il livello di ansia diventa esagerato, le cose cambiano. La casa non è più un luogo sicuro, ma è fonte di insicurezze e paure. Un’ipocondria dei genitori sulla salute del bambino lo farà vivere con la sensazione che da un momento all’altro gli succederà qualcosa.
Ad esempio, la minaccia di alcuni genitori di mandare i figli in collegio, generalmente fatta durante un rimprovero, viene espressa perché non si ha abbastanza sicurezza per contenere il proprio figlio, e allora si pensa che un po’ di terrorismo psicologico forse potrà servire. Ma quelle parole si scolpiscono nella mente dei bambini e non vengono prese come uno scherzo. La paura che prima o poi verranno messe in atto, sarà sempre presente.I genitori, insomma, veicolano le emozioni che il bambino può provare.
Tutti noi abbiamo visto un bambino piccolo cadere. E sappiamo che c’è un momento di sospensione in cui il bambino si gira verso l’adulto e viene fortemente influenzato dall’espressione che si dipingerà sul suo volto. Il bambino che cade può piangere per il dolore, ma piangerà anche per paura se vedrà la mamma preoccupatissima corrergli incontro, e penserà: “Allora è successo proprio qualcosa di grave!”.Allo stesso modo, per situazioni più complesse, il bambino apprende che ci sono delle emozioni da provare e guarderà l’esempio dei genitori. La sofferenza di molti bambini all’interno delle mura domestiche è data proprio da questo tipo di emozione che si respira nell’aria.
In fondo è un’esperienza che possiamo comprendere benissimo, perché la proviamo anche da adulti. Se andiamo a fare una visita di lutto, entrando nella casa non ci meravigliamo di trovare visi tristi o smunti. Ci “predisponiamo” a questa situazione e proviamo anche noi lo sconforto e il dolore. Certo non entreremmo mai in quella casa ridendo, e non soltanto perché sarebbe sconveniente, ma perché, anche se non abbiamo conosciuto la persona defunta, in qualche modo ci rattristiamo per lei o per la sua famiglia.
Immaginiamo invece di entrare in un pub, e di trovare musi lunghi e facce scure… Ci chiederemmo senz’altro cosa è successo. Probabilmente cambieremmo locale. Ma se restassimo lì forse, dopo qualche minuto, anche il nostro viso comincerebbe a diventare “grigio”…E così se andiamo al cinema a vedere un film comico è difficile restare seri. Anche se per un qualsiasi motivo fossimo impossibilitati a guardare le immagini sullo schermo, ci sarebbero le risate della platea a contagiarci. Mentre per noi adulti queste esperienze sono episodi della vita che viviamo ma che non intaccano il nostro essere, per un bambino l’effetto è diverso: l’ossigeno emotivo che si respira in famiglia deve essere di buona qualità, perché tale componente è fondante e costitutivo della sua persona.
E questo è tanto più vero quanto più il bambino è piccolo, perché le sue sensazioni corporee non sono ancora influenzate dal pensiero o mediate dal linguaggio, ma sono “pure”. I bambini piccoli sono “spugne” in grado di assorbire tensioni e ansie, e restituiranno, divenuti adulti, a se stessi e alla società ciò che hanno “assorbito”. Va pertanto contrastata l’idea, purtroppo ancora comune, che i bambini piccoli “ancora non capiscono”, e che porta molti adulti a ignorare gli effetti del proprio umore su di loro. Garantire sicurezza è un primo tassello che allevia o riduce le sofferenze dei bambini.

mercoledì 6 aprile 2011

Qualcuno indichi a loro la bellezza.


In un mondo così difficile e compromesso, dove la noia e la ricerca del piacere e del potere sembra orientare le scelte di tanti adulti, qualcuno, più d'uno, continui a spendersi per raccontare e illuminare le testimonianze più vere e più nascoste, forse, della bellezza spirituale, del coraggio e della tenacia che segna l'alba e il tramonto sulle nostre vite.
Troppo attaccamento al denaro e al successo vacuo, vuoto morale che impasta il sorriso e il turbamento dei nostri ragazzi.

Basta trascorrere qualche momento in zona "giovani" scuole, bar ,ritrovi, palestre...
E' palpabile il vuoto che terribilmente si riempie di urla di protesta e di aiuto. E tocca a noi, e non ad altri, rispondere.
Con il coraggio quotidiano, la lotta di ogni mattino nella straordinaria normalità di tanti luoghi "sacri" della vita: la famiglia, la scuola, gli ospedali, le fabbriche, la strada...

Combattere il nulla e la superficialità facendo esperienza fin da piccoli della luce e della bellezza che la luce scopre in ogni volto, in ogni sguardo, in ogni gesto accogliente e attento...

Ecco allora "...E questo è veramente bello, e buono, e luminoso, e io sono felice di potertelo dire e fartelo notare...caro bambino!"

E quanti giovani anche ricchi e veri, occorre portare alla ribalta, perchè siano messi sopra il "moggio" ad illuminare la quotidianità...


pubblicato da Annamaria Gatti
foto di Annamaria